Nati dalle menti di Mauro Berchi (Canaan, ex Ras Algethi) e Gianni Pedretti (Colloquio), con il secondo album i Neronoia approfondiscono suoni e temi sperimentati nell’esordio “Un mondo in me” del 2006. Due opere strettamente intrecciate; le varie canzoni, elencate in semplice numerazione romana, ripartono proprio da “XI”, ossia da quando il predecessore si era interrotto. Per il resto, i Neronoia continuano ad essere “Lo specchio nel quale la felicità e il dolore vengono riflessi con la stessa, fredda indifferenza” (dalle stesse parole del gruppo): la voce di Gianni è diretta manifestazione dell’angoscia, i testi rappresentano la fedele cronaca di una silenziosa ed incessante apocalisse quotidiana, la musica riesce ad unire perfettamente dissonanze urticanti (i suoni, aggrediti dal rumore, risultano magistralmente frantumati e sminuzzati) e liquide melodie, inquietudine e rassegnazione. Si rimane così, immersi in una pioggia eterna, privi della possibilità di scorgere all’orizzonte un improbabile lieto fine. Come per le opere di Canaan e Colloquio, anche per quelle dei Neronoia l’impressione finale è sempre la medesima: di aver ascoltato qualcosa che non avrebbe dovuto esser udito, perché troppo amaro e intimo; una sorta di sacrificio sia per il compositore sia per l’ascoltatore.
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