Neurosis – Through Silver In Blood

Apocalittici o integrati, si diceva una volta. Sicuramente i Neurosis avrebbero fatto parte della prima categoria. Partita da lidi hardcore punk verso la metà degli Ottanta, dopo anni d’implacabile sperimentazione e affinamento sonoro la band di Oakland divampa feroce attraverso i solchi di “Through Silver In Blood“, corazzata sterminatrice rivestita di dissonanza postcore, brutalità (post) metal, incubi sludge, perversioni industrial e abissi neofolk. A far da collante, una propensione alla psichedelia che corrobora l’intera durata del disco; anche se, tramite questa, i Neurosis non intendono “aprire la mente”, quanto piuttosto farla scoppiare in preda a orribili visioni ancestrali. Un’indagine sull’origine dell’umanità che segnerà pesantemente pure gli album successivi, e che qui si configura già come dramma psicocosmico, tragedia universale. E allora le composizioni s’impegnano nell’accumulare strati di tensione che infine esplodono inesorabili (la title – track), o che eruttano direttamente colate di magma incandescente (“Eye” e “Locust Star”). La potenza del muro sonoro è colossale, le distorsioni vengono scientemente utilizzate per provocare violente reazioni emotive negli ascoltatori. Nel mezzo di tale massacro sonico, poi, vengono piazzati desolati stacchi acustici o ambientali che risuonano minacciosi nel vuoto (l’intro della squassante “Purify”, i mesti accordi della prima parte di “Strength Of Fates”, simili a una trenodia per la fine del mondo). In “Aeon” violino e pianoforte compaiono dall’orlo dell’abisso, prima di esser inghiottiti dalle bordate vocali e strumentali di “Enclosure In Flame”, sigillo finale per uno dei dischi più terrificanti di sempre.

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