Si tratta di una sorta di “Slanted And Enchanted” riveduto e corretto il secondo disco di Stephen Malkmus e allegra combriccola. Ormai i Pavement si sono conquistati sul campo il titolo di “paladini dell’indie rock più creativo e sghembo del periodo”, e con “Crooked Rain, Crooked Rain” realizzano quello che nelle loro teste dovrebbe suonare come “il perfetto disco pop per i Nineties“. Ancora una volta assemblano suoni di diverso segno, oscillando fra Pixies, Hüsker Dü e Dinosaur Jr., ma le loro storte ballate si fanno un po’ più ‘dritte’, assumono un tono quasi ‘classico’, mentre la produzione smussa alcuni angoli e lascia che l’attitudine lo-fi venga mitigata da un più preciso lavoro in studio di registrazione. Non è un caso se “Crooked Rain…” risulta ancora oggi il cd più venduto dei Nostri. Si tratta comunque di un altro grande lavoro, così come si manterranno su livelli più che accettabili i tre successori del qui presente, con alcuni picchi raggiunti su “Brighten The Corners” (1997). Infine, la più influente indie band degli anni Novanta si scioglierà proprio allo scadere del decennio.
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