Una formazione minore del sottobosco progressive italiano. Minore, però, solo negli esiti commerciali. In realtà i Pierrot Lunaire, formati dai polistrumentisti Arturo Stalteri, Gaio Chiocchio e Vincenzo Caporaletti, in questo album d’esordio dimostrano di saper scrivere 12 canzoni sognanti e delicate, ispiratissime nei loro modi soavi, contraddistinti da un lieve prog rock acustico solo raramente scalfito dalle chitarre elettriche. Molti gli episodi da riscoprire: “Invasore”, ballata epica in cui spiccano percussioni creative e la presenza del sitar, strumento che si riaffaccia anche nell’onirismo psichedelico di “Narciso”; gli oltre sette minuti di “Sotto i ponti”, incanto melodico per tastiere e chitarre acustiche che prelude ad un tipico sviluppo progressivo; e ancora l’inattesa accelerazione della conclusiva “Mandragola”, caratterizzata dal suono della spinetta. Nel 1977 i Pierrot Lunaire torneranno con un altro buon disco, “Gudrun”, più ostico e sperimentale, prima di sciogliersi definitivamente. Un vero peccato.
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