Il successo di “The Dark Side Of The Moon” (1973), tanto clamoroso quanto inaspettato, aveva permesso ai Pink Floyd di divenire il gruppo pop più celebre dell’epoca; eppure l’enorme fama, acquisita in così poco tempo, iniziava a minare gli equilibri interni alla band, con il sorgere dei primi dissapori e un raffreddamento nei rapporti fra David Gilmour e Roger Waters. In particolare, quest’ultimo era sempre più ossessionato dal fantasma di Syd Barrett, e si sentiva schiacciato dalla macchina dell’industria discografica, che vedeva ormai come un mostro disumanizzante (cfr. “Welcome To The Machine”). In questo senso, “Wish You Were Here” è quasi un disco solista di Waters, il quale, tramite una musica solenne e marmorea, che si dipana lenta in mega suite dai colori plumbei, esorcizza le sue paure e dedica gran parte dell’album al vecchio amico Syd, il “diamante pazzo” evocato nelle due parti di “Shine On You Crazy Diamond”, che aprono e chiudono l’opera. Anche la title – track, una delicata ballad dall’inconfondibile tema centrale, riflette sulla lontananza ormai incolmabile fra Barrett e il mondo reale, frattura che anche Roger, seppur più lucidamente, sente ormai come propria. Per molta parte della critica “Wish You Were Here” rappresenta l’atto finale della decadenza dei Pink Floyd, tramutatisi da geniale ensemble psichedelico/progressivo in grigio monolite celebrante la più innocua muzak possibile. Un trattamento davvero ingeneroso, che potrà trovare la sua ragion d’essere solo a partire dall’abbandono di Waters, avvenuto negli anni Ottanta, ma che uno splendido disco qual è questo non merita affatto. Certo, le chitarre e le tastiere si muovono pigramente e ogni suono è levigato a puntino, e qua e là spuntano persino accenti di funk ipoteticamente ballabile; ma si tratta di scelte in grado di enfatizzare ancor di più i testi delle composizioni, fra i più inquietanti nella storia del pop/rock. Soprattutto, “Wish You Were Here” è un omaggio a un grande artista fatto davvero con il cuore, per quanto possa risultare retorica questa frase. Artisticamente sottovalutato, nonostante le vendite milionarie.
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