Radiohead – Ok Computer

Dopo aver giocato agli U2 nel precedente “The Bends”, i Radiohead decidono di crescere definitivamente e di dare alle stampe uno dei dischi più importanti per il pop/rock ‘di ricerca’ degli ultimi due decenni. In “Ok Computer” la band inglese suona ancora con le chitarre, ma le stratificazioni sonore sono talmente implementate da far sembrare Thom Yorke e compagni un ensemble che ormai con il rock in senso stretto ha ben poco a che spartire. Il lavoro nello studio di registrazione (producono i Radiohead stessi con l’aiuto di Nigel Godrich) e le manipolazioni elettroniche danno come risultato la costruzione di effetti illusori, talora consolanti nel loro spleen casalingo, talaltra totalmente stranianti. “Paranoid Android“, oltre 6 minuti di flusso sonoro in cui vengono saldati assieme 3 brani in origine distinti e nel quale si passa da corali alieni a incontrollate bordate di hard rock dissonante, è il risultato più eclatante di questo modo di procedere. Ma ci sarebbe da citare anche il tema ‘acquatico’ di “Subterranean Homesick Alien”, la melodia tristissima che informa “Exit Music (For A Film)” e quella carbonizzata dagli inserti rumoristi che concludono “Karma Police“, la nenia quasi Velvet-iana di “No Surprises”…a farla breve, l’intera scaletta dell’album. Poi ci sono i testi e il modo di cantare di Yorke, mezzi che il protagonista utilizza per esorcizzare le proprie paure e fobie (“Airbag”), ma che spesso sa anche proiettare verso un orizzonte esistenziale più ampio (“Fitter Happier”, l’apice dell’alienazione, e infatti la voce è quella di un computer). Spesso accusato di essere ‘piagnone’, in realtà il merito dell’artista – e della musica dei Radiohead in generale – è stato quello di trasformare il lamento in arte, oltrepassando la dimensione personale e facendosi universale, cosmico. Il lascito di “Ok Computer” è enorme: verrà preso ad esempio da miriadi di nuovi gruppi, alcuni dei quali diverranno famosi quanto i loro padrini, se non di più (vedi alla voce Coldplay).

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