Il successore di “Sehnsucht” (1997) mostra un certo grado di eclettismo da parte dei Rammstein, che sviluppano il loro marziale industrial metal verso lidi quasi sinfonici. Nell’apripista “Mein Herz Brennt” c’è un’intera orchestra d’archi ad arricchire la potenza di chitarre e sintetizzatori; stesso trattamento viene riservato alla drammatica title – track e al brumoso commiato affidato a “Nebel”. Ma anche quando la componente orchestrale non è fisicamente presente, le tonalità dei brani sanno assumere sfumature più raffinate rispetto al passato: “Sonne” (da ricordare il video con una Biancaneve sadica e cocainomane) è l’esempio più riuscito di questa nuova attitudine. Neppure mancano le bordate ad alzo zero (“Links 2 3 4”, “Feuer Frei!”, la tragica “Adios”), ma il distacco dal recente passato che si manifesta nel cd è comunque evidente. Il nuovo sound dei berlinesi non sarà gradito da alcuni fan della prima ora, ma a distanza di oltre un decennio “Mutter” rimane probabilmente l’episodio più policromo della band teutonica. Non più solo muscoli e acciaio. Intanto la fama dei Rammstein, grazie soprattutto a devastanti live oltremodo pirotecnici e spettacolari, continua a crescere in tutto il mondo.
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