E’ con il successivo “Samarcanda”, forte del ritornello “Oh oh cavallo…”, che Vecchioni raggiungerà il grande successo di pubblico. Eppure, dovendo scegliere il lavoro più significativo del cantautore lombardo, tutti gli indizi portano a “Elisir”, tappa in cui l’equilibrio fra testo e arrangiamenti raggiunge una ricchezza ed una complementarietà che i dischi di Roberto non avranno più in futuro. È, questa, un’opera dal tocco magico, giocata sul tema del viaggio riletto tramite una sensibilità concretamente idealista, un quasi ossimoro che solo nelle mani (e nelle idee) del musicista brianzolo può divenire reale. Fra i collaboratori, Lucio Fabbri si prodiga in un grande lavoro al violino, mentre in “Velasquez” la chitarra elettrica di Mauro Paoluzzi graffia in modo inusitato. Fra gli altri episodi da mandare a memoria, la tenera confessione paterna di “Figlia” e la dedica all’amico Guccini di “Canzone per Francesco”. In un anno che verrà ricordato per la grande prolificità della scena cantautorale, anche il professore di Carate Brianza realizza il proprio capolavoro.
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