Dopo la sbornia psichedelica dell’incerto “Their Satanic Majesties Request“, i Rolling Stones si rimettono in carreggiata e sputano fuori il primo dei loro quattro grandi capolavori consecutivi, tutti pubblicati fra il 1968 e il 1972. “Beggars Banquet” riprende le fila del discorso dal blues, di quello più sporco e perverso possibile. Qui Jagger e soci confessano simpatie compromettenti (“Sympahty For The Devil”, con uno dei migliori assoli della carriera di Richards) e scrivono il loro brano più politicamente esplicito di sempre (“Street Fighting Man”, quasi hard rock nel finale). Cuciono queste due gemme in un tessuto grezzo composto da altre otto canzoni di densissimo rock blues da tramandare ai posteri. Chapeau.
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