The Rolling Stones – Exile On Main St.

La summa definitiva del suono Stones viene creata in Francia, Costa Azzurra, nella cantina della villa affittata da Keith Richards, la band in ‘esilio’ volontario dall’Inghilterra per motivi fiscali, eroina e cocaina come colazione, il rock in corpo e il blues nella mente, la libertà di jammare su qualunque idea capiti a tiro unica regola da seguire. Il frutto tossico di questa creatività sovreccitata è un ciclopico doppio album, che in 18 brani condensa il meglio di uno stile che divampa selvaggio fra blues nebbioso, R&R e R&B dal battito primordiale, funk dilaniato dai fiati, country stonato e folk sballato, boogie pianistico, ballad agrodolci e, in generale, tutto quanto la musica americana ha saputo elargire fino a quel momento. Non a caso è lo stesso Richards a confessare l’omaggio che i Rolling Stones hanno voluto tributare agli USA con “Exile On Main St.“: “Fu la nostra definitiva espressione di amore per quel paese; la cosa più grande che l’America ha fatto in questo secolo è stata la sua musica“. Manca l’hit da classifica ma non ce ne si accorge; l’importante è saper cogliere l’adrenalina che ti violenta per quattro facciate di vinile (o per 67 minuti di cd, scegliete voi). Gli Stones hanno composto altri capolavori, ma questo è il loro ultimo; per questo assume una così grande importanza. Dopo “Exile…” seguiranno quarant’anni di routine. Di lusso, ma pur sempre routine.

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