Noel Scott Engel, in arte Scott Walker, guadagnò una certa notorietà verso la fine degli anni Sessanta come crooner aggiornato all’epoca beat, prima leader dei The Walker Brothers e successivamente in proprio. Già allora la sua voce baritonale sembrava fuori tempo. In realtà sarebbe pressoché impossibile collocare la musica di Walker in una precisa epoca storica; oltretutto, con il passare degli anni, le sue composizioni si facevano sempre più complesse, bizzarre e inclassificabili. L’artista americano approdava infine, ormai 52enne, al capolavoro “Tilt“. Titolo profetico, ché molti, nel cercare di descriverlo, andarono nel marasma più totale. Ancora oggi è quasi impossibile spiegare a parole un’opera così particolare, in cui il canto intensissimo del leader si dispiega su cupi sfondi orchestrali che conservano le sfumature lamentose del barocco inglese (Henry Purcell, John Dowland), eppure le ampliano tramite improvvise scosse di sinfonismo tardo romantico, da qualche parte fra Strauss e Mahler. A complicare ulteriormente le cose, qua e là affiorano ricordi blues, aperture industrial e minimaliste, jazz e altro ancora. Che meraviglia!
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