Sigur Rós – Ágætis Byrjun

In islandese il titolo significa “un buon inizio“. In realtà per i Sigur Rós si tratta del secondo album, ma il precedente “Von” (1997) era stato notato solo in patria. “Ágætis Byrjun“, al contrario, diviene in breve tempo un fenomeno europeo, tanto da guadagnarsi il disco d’oro nel Regno Unito. La musica del quartetto della terra dei geyser è, in un certo senso, qualcosa di mai ascoltato prima. La fusione a freddo di ambient e post rock dona una minima dinamicità a composizioni eteree e intensamente malinconiche, paradossalmente inni al silenzio vergati in note. L’unico apparentamento possibile potrebbe essere quello con gli scozzesi Mogwai, specie nell’uso di alcuni crescendo (cfr. “Svefn-g-englar”), il resto è un viaggio in un mare sconosciuto e insondabile. E i Sigur Rós sono bravissimi proprio in questo: creare illusioni di totale eccentricità quando, invece, i materiali utilizzati non sono così misteriosi. In ogni caso “Ágætis Byrjun” rimane un disco bellissimo e spiazzante, in cui c’è spazio anche per deviazioni dalla strada maestra (il rarefatto pop – jazz orchestrale di “Ný Batterí”, ad esempio); davvero un buon inizio per una delle band più interessanti degli anni Zero.

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