Il quinto album degli Slayer perfeziona i lievissimi mutamenti accennati in “South Of Heaven” (1988). Quindi: sì all’aggressione e alla velocità mozzafiato, ma mitigata (o enfatizzata, decidete voi) da rallentamenti e stacchi più ragionati. Sofismi a parte, “Seasons In The Abyss” si apre con l’assalto nucleare di “War Ensemble” (da antologia l’urlo “Waaaarrrr!!!” di Araya, e subito dopo riprende lo sterminio) e si conclude con la bifronte title – track, prima lenta e Sabbath-iana, poi squarciata da progressive accelerazioni che si spengono, infine, col ritorno del tempo iniziale: solo per queste due tracce può essere considerato un capolavoro. Se poi nel mezzo compaiono anche brani come “Dead Skin Mask” (macabra e soffocante) oppure “Skeletons Of Society” ed “Expendable Youth”, allora si tratta di un capolavoro assoluto. Insomma, fra strider di chitarre e rimbombare di tamburi, il quartetto californiano sembra non perdere un colpo; fra l’altro, anche “Seasons…” diventa disco d’oro in patria, cosa inaudita considerata la violenza implacabile sprigionata da questa musica. Eppure una piccola crisi è dietro l’angolo: nel 1992 il batterista Dave Lombardo lascia, sostituito da Paul Bostaph.
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