Non si è mai capito il motivo per il quale agli Slayer stessi “South Of Heaven” non piaccia poi più di tanto. Dopo l’orgia furiosa di “Reign In Blood”, in giro si lesse che la band sentisse il bisogno di cambiare qualcosa: rallentare i tempi, usare chitarre senza distorsione particolare, far cantare Tom Araya con un tono pulito. Posto che si possano considerare rallentati i tempi (alla fine la title – track è l’unica a non avere un’accelerazione considerevole per tutta la sua durata, escludendo giusto l’ultima parte) intendendo di non andare a tavoletta per tutti i 36 minuti di durata del platter, la forza dell’album è proprio una maggiore complessità delle strutture dei pezzi, che hanno in rallentamenti improvvisi e cambi di tempo frequenti quel quid che fece capire al mondo intero che gli Slayer erano perfettamente in grado di essere temibili e sinistri anche senza suonare a velocità supersoniche: “Live Undead”, “Behind The Crooked Cross”, “Ghosts Of War” e “Spill The Blood” (primo abbozzo di quello che sarà l’ultimo brano del successivo “Seasons In The Abyss”) sono tra le canzoni più sottovalutate dal gruppo stesso specialmente in sede live. Le più famose e diffuse title – track e “Mandatory Suicide” sono paradossalmente fra i momenti più ‘normali’ del platter intero. Un delitto non considerarlo da subito un disco eccezionale, in cui Dave Lombardo viene favorito da un mixing discutibile in cui risaltano grandiosamente i suoi fill e le sue eccellenti partiture di batteria.
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