Sonic Youth – Daydream Nation

Il melodioso arpeggio di chitarra e la voce sussurrante di Kim Gordon introducono “Teen Age Riot” e indicano che qualcosa d’importante è cambiato nella musica dei Sonic Youth. Se poi il brano prosegue sovrapponendo la linea vocale quasi pop di Thurston Moore a riff meno dissonanti del solito, anzi dal retrogusto più classicamente rock, è chiaro che “Daydream Nation” può esser visto quale momento di svolta per tutto l’underground americano. In realtà sono 70 minuti che non dimenticano affatto le sperimentazioni noise, no wave, post – punk e minimaliste che erano sempre state parte fondante del sound della Gioventù Sonica; piuttosto innalzano tutto questo in una nuova e più ampia dimensione, in cui la psichedelia (intesa in senso lato) fornisce il plasma liquido nel quale nuotano le distorsioni di “‘Cross The Breeze” e le scariche atonali di “Total Trash”, i deliri di “The Sprawl” così come i furori di “Rain King” e gli scatti punk di “Silver Rocket”. Un’opera totale, insomma, che sintetizza un decennio di rock ‘altro’ e, senza svilirlo affatto, lo dota di un’affabilità di fondo che sarà utilizzata da altri per farne un fenomeno di massa (grunge, ma non solo). È, inoltre, il vertice assoluto del quartetto newyorkese, che nella conclusiva “Trilogy” allestisce pure una suite (!) di 14 minuti, l’ultimo movimento della quale s’intitola “Eliminator Jr.”, chiamato così per quel riff straniante e meccanico che somiglia ad un paradossale incrocio fra i Dinosaur Jr. e il disco “Eliminator” degli ZZ Top. Anche da questi particolari si riconosce un classico.

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