Soundgarden – Badmotorfinger

Nel 1991 l’esplosione del grunge non avviene solo per mezzo degli accordi nervosi e inquieti dei Nirvana o tramite quelli più melodrammatici e ‘proletari’ dei Pearl Jam, ma passa pure attraverso i riff pesanti e scanditi dei Soundgarden. Per la band di Seattle “Badmotorfinger” funge da definitiva consacrazione, sia artistica sia commerciale (il disco agguanterà il doppio platino in patria). Il bassista Hiro Yamamoto cede il posto al nuovo arrivato Ben Shepherd, ma nonostante il cambio di line – up il gruppo non ha mai suonato così compatto e convinto. E personale, smentendo definitivamente chi li riteneva uno sterile ibrido fra Led Zeppelin e Black Sabbath. Sicuramente certe cadenze lente e strascicate contenute in “Outshined” e “Slaves & Bulldozers” fanno pensare a quanto fatto vent’anni prima da Tony Iommi e soci, così come gli assoli della sei corde di Thayil e l’ugola imperiosa di Cornell paiono una versione più metallica del Dirigibile, eppure i Soundgarden sono molte altre cose. Nel loro DNA è presente tanto il punk (“Face Pollution”) quanto il post – punk (la celebre “Jesus Christ Pose”, impetuosa cavalcata che pare una sorta di “Kashmir” riletta da una formazione new wave industrialoide), con la psichedelia (“Searching With My Good Eye Closed” e “Mind Riot”) a insaporire ulteriormente il tutto. “Badmotorfinger” è già un classico, sin dal riff sgusciante dell’apripista “Rusty Cage”; forse cala un po’ nel finale, ma a tale inconveniente il quartetto porrà rimedio nel successivo “Superunknown“.

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