E’ il secondo lavoro per i Soundgarden, che con “Louder Than Love” iniziano pesantemente a farsi conoscere da un pubblico più vasto. La voce di Chris Cornell è a livelli impressionanti, l’approccio selvaggio e il sound che emanano “Ugly Truth” e “Gun” sono i chiari segnali dell’inarrestabile rivoluzione grunge che investirà a breve il music business a ogni livello. Se all’epoca la band voleva a ogni costo evitare l’etichetta di heavy metal group, alcuni passaggi sono chiaramente segnati dal riffing debitore dei Black Sabbath, benché in misura maggiore e più in generale l’hard rock anni Settanta e l’afflato del garage producano qualcosa di difficilmente catalogabile per l’epoca: qualcosa che in “Power Trip” risulta di complicata classificazione, anche solo a sentire l’accordatura della chitarra di Kim Thayil. Pure i ritmi sono qualcosa di diverso, visto che molti brani propongono tempi dispari e cambi di mood imprevisti (“No Wrong No Right”), aiutando a esplicitare un’atmosfera poco serena e talvolta disturbante, come accade su “I Awake”. Faranno meglio, ma “Louder Than Love” rimane affascinante e grezzo come poche altre cose allora in circolazione.
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