Il secondo album solista di Barret è anche l’ultima testimonianza compiuta della sua arte che gli esseri umani possono udire. Sostanzialmente le canzoni di “Barrett” condividono la stessa ispirazione di quelle contenute in “The Piper At The Gates Of Dawn”, private però dell’impasto sonoro cosmico – psichedelico che i Pink Floyd erano in grado di creare. Così spogli ed essenziali, brani come “Baby Lemonade”, “Dominoes”, “Rats”, “Maisie”, “Gigolo Aunt” e “Effervescing Elephant” somigliano a dei blues scritti da un alieno. Syd non era di questo mondo (per fortuna), ma dovendo viverci non ha potuto evitare di esserne schiacciato (purtroppo).
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