The Allman Brothers Band – At Fillmore East

Uno dei massimi vertici artistici nella storia del blues rock, questo live registrato in due serate differenti nel marzo del 1971 al Fillmore East di New York fotografa la Allman Brothers Band nel pieno del suo fulgore, con Duane “Skydog” Allman in stato di grazia. Non si tratta soltanto di uno dei più grandi dischi dal vivo dell’ultimo mezzo secolo musicale; è la celebrazione definitiva del nascente southern rock (anche se può suonar paradossale), è il concetto di jam band portato a livelli impensabili sino ad allora, è l’improvvisazione jazz guidata dalle chitarre piuttosto che dagli strumenti a fiato, è la psichedelia che si fa più terrena e meno astrale carburando dilatazioni sonore che del rock mantengono l’energia primordiale e dal jazz distillano la grazia e la raffinatezza timbrico – armonica. Solo sette brani per entrare definitivamente nella leggenda: nei classici “Statesboro Blues” e “Done Somebody Wrong” Duane tocca la slide guitar come nessuno si era mai immaginato si potesse fare, in un profluvio di legati suonati a velocità vorticosa e tenendo le note altissime; in “Stormy Monday” incanta l’organo e la voce del fratello Gregg; nei quasi venti minuti di “You Don’t Love Me” è già contenuto molto del suono sudista a venire. Ma sono due dei tre originali degli Allman a stupire il mondo. Se “Hot ‘Lanta” è, tutto sommato, puro divertissement, “Whipping Post” è talmente perfetta che molti nei Settanta proveranno a ricrearla dal vivo con la stessa intensità (senza peraltro riuscirci), mentre “In Memory Of Elizabeth Reed” omaggia i jazzisti preferiti dal gruppo, Miles Davis e John Coltrane, con un’abilità spaventosa nell’interplay e negli assoli dei vari componenti; la chitarra ‘piangente’ di Dickey Betts che introduce il pezzo non è ancora stata eguagliata, e neppure i dialoghi con la sei corde di Duane e le tastiere di Gregg che si dipanano nello sviluppo della composizione. Skydog morirà di lì a poco, il 29 ottobre 1971, per un incidente motociclistico. In seguito, la band produrrà ancora moltissimi grandi dischi e, tramite frequenti cambi d’organico, ospiterà nelle proprie fila alcuni ottimi interpreti del rock blues e del southern contemporanei (Warren Haynes, ad esempio), ma “At Fillmore East” rimarrà dei suoi vari gioielli il più prezioso.

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