Con il secondo album, i texani Black Angels (da Austin, la città artisticamente più fervida dello stato) dimostrano che la psichedelia non è affatto morta e può essere perennemente reinventata. In “Directions To See A Ghost“, più che alle canzoni ci si appiglia al suono: talora evanescente e spettrale talaltra ispido e abrasivo, ibrido fra le visioni sessantiane dei conterranei 13th Floor Elevators e quelle più arty dei newyorkesi Velvet Underground (il nome lo prendono proprio da una canzone di questi ultimi), con un tocco di new wave e lo space rock virato Stooges dei Loop a far da poderoso mastice. I 16, bradicardici minuti della conclusiva “Snake In The Grass” sono fra i più belli regalati dall’acid rock dell’ultimo decennio. Dei quattro album da studio realizzati dalla band, “Directions To See A Ghost” rimane il più rappresentativo, un esempio per chiunque si voglia cimentare con la neo psichedelia ai giorni nostri (vedi White Hills come esempio più eclatante).
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