The Black Heart Procession sono i piedi nudi nel fango di un rigagnolo in un campo buio e umido, sono case di legno marcite nell’umidità, sono, come Poe o un ancor più morboso Truman Capote, il lato oscuro della California, degli Stati Uniti, o più semplicemente di tutti noi, visto che li sentiamo vicini più che mai, visto che è come se parlassero da dentro di noi, ogni volta che ascoltiamo un loro album. “Six” in questo senso non è troppo diverso, ci propone sicuramente lo stesso viaggio nell’oscurità evocato con colori e ombre altrettanto vividi, ma ce lo propone come se fosse un ritorno: alle origini, all’inizio della storia, ai bei vecchi tempi. Un ritorno che già appare chiaro nel titolo, richiamo alla numerazione progressiva degli album che era stata interrotta dopo il terzo, e che promette di riportare alla continuità che era stata tradita, se così si può dire, dalle atmosfera di frontiera di Amore Del Tropico e dal non troppo ispirato The Spell.
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