E all’improvviso arrivano due fratellini scozzesi, Jim e William Reid, e cambiano il volto del rock. In realtà “Psychocandy” non sbucò dal nulla, essendo stato anticipato da alcuni singoli, ma sentire nell’85 un intero album così fece un effetto spiazzante. Le qualità tecniche della band erano modeste, ma come ai tempi del punk i Jesus And Mary Chain avevano qualcosa da dire. Un’idea fenomenale, più che altro. Annegare in un mare di feedback melodie pop che più pop non si può. Con la mente che va ai Velvet Underground e il cuore indirizzato verso dei Beatles quintessenziali. Il risultato che ne scaturisce è una sorta di bolla rumorosa che, invece di risultare ostica e respingente, accoglie l’ascoltatore in una melassa agrodolce. Noise pop, alternative rock, indie pop; la musica dei Nostri è stata descritta in molteplici modi, senza mai che tali definizioni ne carpissero l’essenza. Quella, cioè, di essere un affettuoso omaggio agli ultimi trent’anni di popular music (d’altra parte, che cos’è molta musica del dopoguerra, se non il tentativo di detonare canzoni melodiche tramite la potenza dell’elettrificazione e del beat?), e allo stesso tempo di saper guardare avanti. I My Bloody Valentine e lo shoegaze tutto non sarebbero neppur pensabili senza Jesus And Mary Chain.
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