Stephin Merrit, padre padrone dei Magnetic Fields, è un particolarissimo songwriter che non ha eguali nella scena indie americana (mondiale). Per un decennio si diverte ad accostare folk rock obliquo e synth pop citazionista (è, tra l’altro, un fan degli Abba…) in dischi sempre più interessanti e stratificati. Poi decide che tutto questo non gli basta e realizza un’impresa titanica: scrivere 69 canzoni d’amore (non c’è alcuna deroga all’assunto di partenza) e raccoglierle in un triplo cd. Il risultato poteva essere o una porcata pazzesca o un capolavoro assoluto. Per sua e nostra fortuna accade la seconda ipotesi, e se il tema sulle prime non sembra rientrare nei vostri gusti, tenete presente che gli “amori” cantati da Merrit sono ben lontani dagli stereotipi della canzonetta italiana. L’eclatante, poi, è scoprire che su 69 tracce nessuna è un riempitivo, e fra alt country, folk sempre più obliquo, pop barocco, electro sound primissimi anni Ottanta e sconfinamenti psichedelici l’interesse non viene mai meno. Irripetibile, nonostante gli ottimi dischi sfornati dai Magnetic Fields dopo “69 Love Songs”.
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