Esordio importantissimo per il futuro fluire del progressive rock meno edulcorato da smanie sinfonico – classicheggianti, “The Soft Machine” è la prima testimonianza del genio di Robert Wyatt, qui accompagnato da altri due grandi musicisti come Kevin Ayers e Mike Ratledge. Si tratta anche del vagito originario della “Scena di Canterbury“, più legata alla sperimentazione e ad inconsuete digressioni jazz rispetto al prog ‘mainstream’. Nel disco il trio elargisce 13 brani oscillanti fra psycho pop, fusion ante litteram, atmosfere jazzy (echi di Coltrane e persino di Zappa) e fulminanti improvvisazioni, legate assieme da un’attitudine che potrebbe esser definita ‘nonsense surrealista‘.
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