The Soft Machine – Volume Two

Il secondo sigillo della band madre dell’intero “Canterbury Sound” è una prosecuzione quasi matematica dell’esordio. C’è ancora il jazz, sviluppato in traiettorie oblique che intersecano psichedelia e art rock; s’infittiscono le stramberie patafisiche e i riferimenti alla musica atonale di matrice classica, e la lunga suite finale “Esther’s Nose Job” testimonia una creatività a briglie sciolte. Tuttavia, con l’uscita dal gruppo di Kevin Ayers, i Soft Machine iniziano ad approntare quel particolare jazz progressivo che troverà il perfetto compimento nel successivo “Third”. “Volume Two” è quindi il classico ‘album di passaggio’, ponte fra la brulicante fantasia degli inizi e il più compassato stile messo in mostra negli anni Settanta.

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