L’album d’esordio, “A Storm In Heaven” (1993), metteva in guardia i critici sulla loro vera entità. Infatti, sebbene contigui al britpop, i Verve non appartenevano del tutto a tale corrente: oltre a Beatles e Kinks, il retroterra sonoro di Richard Ashcroft (voce), Nick McCabe (chitarra), Simon Jones (basso) e Peter Salisbury (batteria) affondava le proprie radici nella psichedelia degli anni Settanta, nello space rock, nel krautrock e nello shoegaze dei My Bloody Valentine. Elementi che però venivano sintetizzati verso il pop per naturale inclinazione di Ashcroft, ed ecco svelato il motivo dell’equivoco che fece accostare il loro nome a quello di Oasis e simili. In questo senso e pur tenendo conto della sua bellezza, “A Storm In Heaven” era stato un successo solo parziale: il suono e le idee già c’erano, mancavano le canzoni. Che arrivano giustappunto in “A Northern Soul“; la scura “This Is Music” e l’etera “Life’s An Ocean” segnalano la grande crescita della band inglese a livello di songwriting, mentre gli archi di “History” preludono alla consacrazione che avverrà con il successivo “Urban Hymns”.
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