Più del successivo “Starsailor”, è “Lorca” la testimonianza ultima del pensiero lirico e musicale di Tim Buckley, che morirà nel 1975 a soli 28 anni dopo aver dato alle stampe, nell’ultimo periodo, mediocri vinili di soul/funk. Invece in “Lorca” è ancora tutto splendente, tutto luminoso, come la copertina, che ritrae Tim immerso nella bianca e abbagliante luce pomeridiana. È anche il lavoro più sperimentale dell’artista, composto da cinque lunghe “canzoni” in cui la voce si fa strumento e regala deliri psicotropi di lancinante bellezza, sebbene l’animo di Buckley sia tutt’altro che pacificato (il vuoto pneumatico di “Anonymous Proposition”, la stasi angosciosamente mistica della title – track). Gli strumenti tutt’attorno, dalle congas alle tastiere alle chitarre al basso finendo con l’organo (non c’è la batteria), forniscono il liquido onirico in cui la voce del cantautore può muoversi in trance lisergica. Un’opera di una profondità immensa.
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