Tom Waits – Small Change

Si tratta, probabilmente, del primo disco in cui la genialità frammentaria e pulviscolare di Tom Waits, da Pomona, contea di Los Angeles, riesce a manifestarsi in modo del tutto convincente. I brani di “Small Change” costituiscono un unicum stilistico che, prima d’allora, mai nessuno aveva osato: Waits siede al pianoforte, interpretando con voce roca e catramosa (una sorta di Captain Beefheart da night club fumoso) stralunati spaccati di quotidiana follia, in cui il jazz si lega al rock in percorsi del tutto peculiari. Confessioni notturne dall’alto tasso alcolico si slargano elusive e imprendibili, merito del fraseggio sghembo del leader al piano e di una backing band che lo segue coraggiosamente; ottimi anche gli arrangiamenti orchestrali, sempre discreti e mai eccessivamente ridondanti. Ci sono già due classici, “Tom Traubert’s Blues” e “The Piano Has Been Drinking (Not Me)”, ma il meglio Waits lo deve ancora dare.

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