U2 – Achtung Baby

Il ’91 fu un anno irripetibile perché, accanto all’esplosione di nuovi suoni, testimoniò gli ultimi assalti dei colossi del rock della decade appena terminata. Da un lato Nirvana, Red Hot Chili Peppers, Massive Attack, Primal Scream e Slint indicavano già la fine del Millennio, dall’altro band come Guns N’ Roses e U2 sfornavano i loro ultimi monumenti. Il caso dei secondi è uno dei più interessanti nella storia del rock, poiché è raro assistere a una svolta – nel sound, nel look, in tutto – così decisa da parte di un gruppo con più di un decennio di carriera alle spalle e un profilo così ben delineato. Alla resa dei conti, il cambiamento operato in “Achtung Baby” giova enormemente a Bono e compagni, qui alla loro terza mutazione: prima epici cantori dei drammi d’Irlanda, poi nuovi pionieri nella terra magica e ostile del sogno americano, ora esseri post mitteleuropei alle prese con segni contradditori e ambigui, dall’aspetto glam e dai modi talora romantici talaltra irruenti, epigoni in salsa pop del David Bowie berlinese. Dal vecchio al nuovo mondo e ritorno, insomma, ma questa volta la dimensione epica è sovrapposta a quella della decadenza di un intero secolo, ed ecco spuntare occhiali neri e giubbotti in pelle, alter ego minacciosi e sagome notturne. Musicalmente è il disco più pesante degli U2: la ballad “One” e altri numeri romantici fungono da specchietto per le allodole. Certo la produzione è impeccabile come sempre – ci si mettono in tre, Eno Lanois e la vecchia conoscenza Lillywhite – e le distorsioni sono comunque addomesticate – gli echi tribali/dance/psichedelici di “Mysterious Ways”, le “vecchie atmosfere” ritrovate nell’atmosfera enfatica di “Until The End Of The World” -: il cuore pulsante di “Achtung Baby” è però custodito nei clangori elettronici dell’intro di “Zoo Station” e, ancor di più, nello schizzo corrosivo di “The Fly”, in cui rumori industriali si scontrano con la chitarra di The Edge, mai così violenta nell’esasperare riff e assoli dal tono metallico, e con la voce filtrata di Bono. L’ultimo capolavoro immortale degli U2.

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