Probabilmente nessun gruppo metal si è avvicinato così tanto all’Assoluto in musica come i Voivod con “Nothingface“. Qui, il progressive – thrash di “Dimension Hatröss” è spinto al limite: i riff e gli assoli si fanno ancor più indecifrabili, paranoici, eppure risplendono di una nettezza quasi matematica, come se fossero stati generati da qualche algoritmo alieno. I testi mutano in puri flussi di coscienza, accostamenti semi automatici di un’infinità di menti diverse che combattono l’una contro l’altra. Nella nostra memoria, rimangono dei momenti: il tristissimo motivo per organetto del finale di “The Unknown Knows”, l’invocazione “My mind!” verso la fine di “Sub-Effect”, cambi di tempo che sfrecciano a velocità tachionica, atmosfere claustrofobiche e irreali (sicuri?). C’è persino una superba cover di “Astronomy Domine” dei Pink Floyd. Non si tratta più neppure di fantascienza o futuro: queste composizioni potrebbero esser state create in ogni tempo e in qualsiasi angolo dell’universo da infinite specie di esseri pensanti, non necessariamente umani. Inarrivabile.
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