Yes – Close To The Edge

In quanto a preziosismo vocale/strumentale e controllo ferreo delle architetture sonore, “Close To The Edge” è una delle pietre miliari del progressive più magniloquente e spettacolare. Rispetto al già eccellente “Fragile” dell’anno prima, i cinque Yes aumentano il tasso del virtuosismo personale, ma lo fanno senza mai perdere l’affiatamento collettivo. Sgorgano così tre lunghe suite, la title – track, “And You And I” e “Siberian Khatru”, in cui ogni strumento si ritaglia il proprio giusto spazio senza pregiudicare il fluire complessivo del suono. Stupisce la voce cristallina di Jon Anderson, il tocco inebriante alle tastiere di Rick Wakeman, il chitarrismo esplosivo di Steve Howe, la precisione assoluta della sezione ritmica formata da Bill Bruford (batteria) e Chris Squire (basso). Quando poi le corde vocali di Anderson, Howe e Squire s’intrecciano, le armonie sono quasi celestiali. È l’ultimo disco in cui la propensione per il manierismo degli Yes è ancora più che tollerabile, anzi persino necessaria all’amalgama sonoro. Non sarà più così a partire dal disco successivo, l’indigeribile doppio “Tales From Topographic Oceans” (1973).

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