Anno denso di avvenimenti importanti per l’Italia, il 1964. Ma per la maggior parte di segno negativo. Innanzitutto, nonostante il benessere del ceto medio continui ad aumentare, quasi tutti iniziano a comprendere che la crescita degli anni precedenti non potrà andare avanti all’infinito, e la crisi congiunturale che ha iniziato a colpire il Paese l’anno precedente si aggrava sempre più.
Questo è uno dei motivi della caduta del primo governo retto da Aldo Moro, che porterà ad una grave crisi istituzionale, tanto che all’estero si temerà per un possibile colpo di stato. Tutto vero, la Repubblica Italiana ha corso seri rischi di esser vittima di un golpe, ma lo si verrà a sapere solo nel 1967, grazie alle rivelazioni del settimanale L’Espresso.
La morte di Palmiro Togliatti, leader indiscusso del PCI, segnerà una netta cesura nella linea politica del partito, preludendo all’eurocomunismo degli anni Settanta e segnando di conseguenza anche il resto della politica nazionale.
Se in Italia il volto del comunismo inizia lentamente a mutare in senso più riformista, al contrario l’allontanamento dal potere di Nikita Chruscev in Unione Sovietica segnerà l’irrigidirsi dei rapporti fra quest’ultima e gli Stati Uniti, rilanciando la Guerra Fredda fra le due superpotenze.
E l’incidente del Tonchino nel Vietnam del Nord porterà al vero e proprio inizio della guerra in Vietnam da parte degli USA, che segnerà indelebilmente gli anni Sessanta.
Sul versante musicale nazionale, il Festival di Sanremo è vinto da “Non ho l’età” di Gigliola Cinquetti, canzone che riscuoterà grande successo anche al di là dell’affermazione rivierasca; ma ancora di più farà “Una lacrima sul viso” di Bobby Solo, piazzatasi seconda. Insomma, ancora un altro anno di stasi per la musica nel nostro paese, in attesa dei fermenti che inizieranno a giungere dall’anno successivo.
E che non riguarderanno più Sanremo, il quale si appresterà a diventare luogo della nostalgia e della tradizione, e nulla più di questo.
In questo panorama, poche le note di spicco: i primi singoli di Fabrizio De Andrè, il quale però dovrà aspettare fino al 1967 per poter pubblicare un 33 giri, e il primo LP di Enzo Jannacci. Ben altri sono i fermenti che agitano la scena internazionale.
I Beatles irrompono anche in America, e la British Invasion diventa un fenomeno talmente gigantesco che non trova paragoni nel passato della musica popolare.
Le novità, però, sono gli album di debutto di Rolling Stones (che però suonano ancora cover blues e non hanno ancora scritto “Satisfaction”), Kinks (la cui “You Really Got Me” è forse la prima sciabolata punk/metal della storia) e Yardbirds, band che non diventerà mai famosissima ma che vedrà avvicendarsi in formazione tre chitarristi come Jeff Beck, Eric Clapton e Jimmy Page: non serve aggiungere altro.
Dal Regno Unito non arriva più solo merseybeat, quindi; il british blues è in continua espansione, e suoni d’inaudita violenza (per l’epoca) si propagano nel mondo intero.
Gli USA, per adesso, sembrano subire senza opporre grande resistenza, rifugiandosi nella loro grande vitalità jazzistica; in realtà basterà pazientare un anno per assistere alla svolta ‘rock’ di Bob Dylan, all’esplosione delle garage band e ai primi tentativi ‘psichedelici’ attuati a San Francisco e dintorni.
Nel 1965, infatti, proprio in quella città inizieranno a suonare Grateful Dead e Jefferson Airplane, due fra i gruppi più significativi dell’esplosione ‘pop’ che avverrà alla fine del decennio.