Se l’anno, in campo internazionale, non si segnala per eventi particolarmente eclatanti o in grado di ripercuotersi significativamente nel futuro (eccezion fatta per l’ancora silenziosa progressione dell’informatica), al contrario l’Italia vive nel 1977 un periodo di violenza fra i più gravi del secondo dopoguerra.
Il 24 febbraio la RAI inizia a trasmettere a colori, in compenso il paese si tinge del grigio metallico delle P38: il bilancio a fine dicembre sarà di 2128 attentati, 32 persone gambizzate e 11 uccise. Non vengono compiute stragi “anonime”, ma la tenaglia del terrorismo si stringe con sempre maggior veemenza su giornalisti, uomini politici, magistrati, avvocati, forze dell’ordine e persino industriali.
L’acuirsi della violenza politica è, in parte, provocata da due fattori: l’avvicinamento del PCI all’area governativa e il disgregarsi di gran parte della sinistra extraparlamentare, accadimenti che provocano rabbia e delusione nelle frange più giovani della popolazione, allora fortemente politicizzate.
Tuttavia, la contestazione non si estrinseca solo con le armi e il sangue, e il cosiddetto Movimento del ’77 riesce anche a mostrare un volto sì turbolento (le contestazioni verso Luciano Lama all’università di Roma sono tumultuose), ma comunque meno spietato di quello di Brigate Rosse, autonomisti radicali ed estrema destra neofascista: si tratta di quella che viene chiamata “area creativa“, che organizza il convegno sulla repressione a Bologna e della quale fanno parte i famigerati “indiani metropolitani”.
Intanto, dal passato emergono nuovi fantasmi, molto ‘concreti’: a settembre, il processo di Catanzaro rivela alcune connivenze che i servizi segreti ebbero nella strage di Piazza Fontana del 1969.
Insomma, la nazione si trova nell’occhio del ciclone degli Anni di Piombo, e in tale tragico periodo i cicloni musicali che stanno sconvolgendo i mondi del rock e del pop nel resto del mondo sono scarsamente percepiti; è l’Italia dei cantautori, in cui sfonda il fenomeno commerciale della disco music ma che non ha spazio per i fermenti del punk e della prima new wave, così come, d’altra parte, non considera quasi più il Festival di Sanremo, che vive il momento di maggior crisi da quando venne fondato, e per il momento lo spostamento dal Casinò al Teatro Ariston non sortisce grande effetto (per la cronaca, vincono gli Homo Sapiens con “Bella da morire”).
Lasciando lo stivale e guardando all’estero, il panorama è completamente diverso: non si tratta solo dell’anno di “Never Mind The Bollocks…” dei Sex Pistols.
Durante i suoi 12 mesi escono la maggior parte dei debut – album delle più importanti punk band inglesi, mentre gli States, con “Rocket To Russia” dei Ramones, “Blank Generation” di Richard Hell & The Voidoids e “Young, Loud & Snotty” dei Dead Boys, e l’Australia con “(I’m) Stranded” dei Saints e “Radios Appear” dei Radio Birdman non sono da meno.
Anche la new wave produce le sue prime pietre miliari: dall’esordio dei Talking Heads a quello dei Television è un fiorire di gruppi che, raffinando gli schemi del punk e ibridandoli con stili di volta in volta differenti, si fanno portatori di un radicale rinnovamento del rock.
A vedere la luce (anche se il temine non è dei più adatti, visto gli artisti chiamati in causa…) ci sono anche i debutti di Suicide e Throbbing Gristle, per i tempi davvero estremi e quasi ‘insostenibili’ dalle orecchie dell’epoca: nonostante il loro status di nicchia, “Suicide” e “Second Annual Report” influenzeranno migliaia di musicisti, anche i più insospettabili.
Importantissimi anche i lavori di David Bowie (in collaborazione con Eno), Kraftwerk e Brian Eno stesso, che raggiungono i gangli vitali del rock e lo trasformano definitivamente.
Sul versante più ‘tradizionale’, si difende bene il soft rock, con il successo ciclopico dei Fleetwod Mac, l’hard rock, con gli AC/DC che iniziano a riscuotere i primi successi al di fuori dell’Australia, l’incredibile exploit di Meat Loaf e la vitalità del rock melodico/rock FM/AOR, mentre i Judas Priest iniziano a forgiare un nuovo idioma sonoro (ma perché nasca l’heavy metal così come lo conosciamo oggi manca ancora l’indispensabile influenza del punk).
Chi se la passa davvero male è il progressive, il cui underground è ormai sterile, nonostante i grandi nomi continuino a fare il (quasi) tutto esaurito.
A livello puramente commerciale, è però la disco music a raggiungere il proprio picco, tramite la colonna sonora più venduta di tutti i tempi, quella del film “Saturday Night Fever” (in Italia è il tempo dei “travoltini”).
Si potrebbero scrivere centinaia di pagine su quest’annata: solo il triennio 1969 – 70 – 71 è altrettanto importante nella storia del pop/rock.
Ma che, nel bene e nel male, il ’77 sia stato un momento decisivo, ce lo dimostra anche un altro avvenimento: il 16 agosto muore Elvis Presley, nella sua reggia chiamata Graceland, a Memphis.