I migliori dischi del 1982

Nel 1982 quello che sarà il profilo del decennio inizia a definirsi sempre più precisamente. Il generale statunitense James Lee Dozier, rapito dalle Brigate Rosse nel dicembre del 1981, viene liberato il 28 gennaio a Padova grazie ad un’incursione dei NOCS, episodio che segnerà l’inizio del declino del movimento eversivo di estrema sinistra.

Anche il terrorismo di destra non mostra più la ferocia di solo un paio di anni prima, e in generale la violenza politica va scemando sempre più. In compenso la mafia inizia la sua stagione più sanguinosa, con le uccisioni di Pio La Torre e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, mentre la morte di Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, rivenuto sotto un ponte del Tamigi a Londra, rientra fra i tanti misteri italiani.

Ma quello che appare agli occhi della nazione è un periodo in grado di schiudersi a prospettive di rinnovato benessere economico, e la vittoria dell’Italia di Bearzot ai Mondiali di Calcio spagnoli galvanizza ancor di più gli animi, convinti di trovarsi di fronte a una nuova età dell’oro, anche se in realtà questa nasconderà moltissimi punti oscuri che si capiranno solo dopo.

Intanto, nel mondo scoppia la guerra fra l’Argentina e la Gran Bretagna per il controllo delle isole Falkland/Malvinas, e in novembre muore il dittatore sovietico Leonid Breznev.

Viene introdotto in commercio il Commodore 64, altra svolta importante nell’universo dell’informatica, e sugli scaffali fa la sua primissima apparizione il compact disc, che nel giro di un decennio cambierà il mercato musicale.

Quest’ultimo, nel 1982, trema sotto i colpi di “Thriller” di Michael Jackson, l’album più venduto della storia, e vede la definitiva ascesa alla stardom di Duran Duran e Simple Minds, consolidando quindi la new wave come fenomeno, in molti casi, mainstream, mentre Bruce Springsteen con “Nebraska” pubblica il suo lavoro più afflitto e intimista.

Altri artisti che con le loro opere segneranno in profondità l’annata saranno Marvin Gaye, Peter Gabriel, Prince, Roxy Music, Toto, Scorpions, Clash, Cure, Laurie Anderson e, in un’ottica più underground ma importantissima per la nascita del futuro rock alternativo, Flipper, Mission Of Burma e Wall Of Voodoo.

Il metal vive gli ultimi fuochi della New Wave Of British Heavy Metal con Iron Maiden e Venom, il debutto dei newyorkesi Manowar, l’affermazione di band non angloamericane come i canadesi Anvil e i tedeschi Accept, e la consacrazione dei Judas Priest.

A partire dal 1983, il baricentro di questa corrente musicale si sposterà però negli States, lasciando l’Inghilterra a prosperare solo tramite i suoi più grandi nomi. L’hardcore punk mette a segno dischi fondamentali grazie a Bad Brains, Descendents, Discharge e Misfits, mentre il suono elettronico invade la scena rap con esperimenti talmente efficaci da conquistare un posto nelle classifiche hip hop di sempre.

É il caso di “Planet Rock”, prodotta da Afrika Bambaataa & The Soul Sonic Force. Nel frattempo, la old school conosce i suoi primi testi di contenuto sociale.

E in Italia? A fronte dei nomi dal grosso successo popolare (Franco Battiato, Riccardo Cocciante, Renato Zero, Pino Daniele, Lucio Battisti, etc.), la scena rock indipendente inizia ad organizzarsi un po’ meglio: esce il primo EP omonimo dei Litfiba, e Firenze comincia ad assumere un ruolo sempre più importante per il rock italiano, a scapito di Bologna.

Fa notizia anche il debutto su long playing dei Vanadium di Pino Scotto, che con “Metal Rock” danno alle stampe il primo album italiano che si possa definire davvero heavy metal, nonostante le chiare influenze hard anni Settanta.

Intanto Vasco Rossi pubblica “Vado al massimo”, fa scalpore a Sanremo, vinto da Riccardo Fogli con il brano “Storie di tutti i giorni”, e si prepara al grande successo di pubblico e a cambiare alcune dinamiche dello show biz italico, che almeno lievissimamente si aprirà al rock (non durerà molto).