I migliori dischi del 1986

Il 1986 passa alla storia per l’attacco degli Stati Uniti di Reagan alla Libia, colpevole di appoggiare alcuni gruppi di terroristi palestinesi. Ancor di più, però, è l’anno del disastro nucleare alla centrale di Cernobyl, che metterà il mondo in guarda sull’enorme pericolosità dell’atomo. Entrambi gli accadimenti riguarderanno l’Italia piuttosto da vicino, che si trova però in pieno boom dei consumi.

L’economia è in ripresa, grazie soprattutto alla congiuntura internazionale favorevole, e le maggiori aziende del paese pare godano di ottima salute. Si tratta, forse, del periodo più epitomico dell’intera decade, quello che meglio rappresenta l’euforia degli anni Ottanta per quanto riguarda la fiducia in una crescita economica apparentemente in grado di travolgere tutto e superare ogni ostacolo e recessione, e allo stesso tempo mostra tutte le sue contraddizioni. Infatti, inizia anche il maxiprocesso contro la mafia, che si protrarrà per 22 mesi e delineerà un quadro tutt’altro che roseo del belpaese.

Intanto, il nuovo fenomeno della musica leggera italiana è Eros Ramazzotti, che dopo aver vinto Sanremo nella sezione Nuove Proposte nel 1984, ora conquista il primo posto anche nella gara maggiore, grazie al brano “Adesso tu”; i suoi dischi iniziano ad essere venduti come il pane, processo che non si fermerà per le successive decadi.

L’86 è anche l’anno della prima affermazione di Zucchero e il vertice del successo per Gianna Nannini, ma è il rock indipendente che fa segnare una vera e propria esplosione; sempre più gruppi si dedicano all’alternative, al punk, all’HC e al metal: su tutti i dischi usciti nel corso dei 12 mesi, spiccano “17 Re” dei Litfiba e l’esordio dei CCCP, controverso ensemble che segnerà nel bene e nel male i due decenni successivi del rock made in Italy.

In campo internazionale si hanno i grandi successi del pop/rock raffinato e imbevuto di sonorità etniche e inusitate di Peter Gabriel e Paul Simon, mentre i Genesis si sono ormai trasformati in una macchina sforna hit e Madonna estende il proprio dominio sulle discoteche e sul mainstream in generale.

Il metal melodico vede la clamorosa affermazione degli Europe (ma non durerà), e ancor di più dei Bon Jovi (durerà eccome). È però il thrash metal che vive il suo momento di massima gloria, tanto che il 1986 rappresenta per questo filone stilistico quello che il 1977 fu per il punk: escono “Master Of Puppets” dei Metallica, “Peace Sells…But Who’s Buying?” dei Megadeth e “Reign In Blood” degli Slayer, una tripletta da infarto istantaneo. Inizia qui lo sdoganamento del metal estremo (non il glam o lo street per intenderci) verso un pubblico ben più numeroso rispetto al passato.

A livello di cattiveria sonora il disco dell’anno in ambito punk e suoi derivati è invece “Atomizer” dei Big Black, che darà il la al movimento noise – rock sorto a cavallo fra Ottanta e Novanta.

Infine, i mostri sacri del rap statunitense si ritagliano uno spazio nella storia della musica. Tornano i Run-D.M.C, che continuano a non sbagliare un colpo, ma si fanno largo anche i Beastie Boys e le Salt-N-Pepa. Per i rispettivi album d’esordio non ci saranno “soltanto” oro e platino, ma un posto nelle migliori chart hip hop di sempre.

Il rap hardcore è una realtà consolidata e riconosciuta nel panorama artistico e tra i suoi pionieri, oltre agli artisti più celebri, si deve ricordare soprattutto Schoolly D, capace di mescolare con il suo omonimo album le esperienze maturate nell’universo dell’elettronica con l’hip hop.