Per lo storico britannico Eric J. Hobsbawm il 1991 segna la fine effettiva del Novecento: il suo saggio “Il secolo breve”, infatti, colloca gli estremi di questa fase della storia fra il 1914, anno dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, e appunto il 1991, che vede la definitiva dissoluzione dell’Unione Sovietica con lo scioglimento ufficiale del Patto di Varsavia, le dimissioni di Michail Gorbačëv da presidente dell’URSS, l’indipendenza dei vari stati che un tempo facevano parte di quest’ultima e la formazione della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), confederazione dai poteri più teorici che reali.
Si può essere d’accordo o meno con questa interpretazione storica, ma è impossibile negare l’importanza cruciale degli eventi accaduti in questi 12 mesi. Che non segnano soltanto la fine definitiva della Guerra Fredda, lo smantellamento della contrapposizione fra i due blocchi socialista e capitalista, l’imporsi degli Stati Uniti quale unica superpotenza mondiale (in attesa della Cina), ma sono anche testimoni di altri cambiamenti epocali, molti dei quali verranno compresi nella loro importanza solo qualche anno dopo.
Il 17 gennaio ha inizio l’operazione Desert Storm, con il bombardamento di Baghdad da parte degli alleati in quella che verrà ricordata come la più estesa operazione militare dai tempi della Seconda Guerra Mondiale: la Prima Guerra del Golfo termina il 28 febbraio, ed è anche il primo conflitto della storia ad essere mostrato in diretta televisiva. Iniziano anche i primi gravi conflitti armati nell’ormai ex Jugoslavia, ma hanno meno appeal mediatico.
Il ’91 è anche l’anno della prima chiamata effettuata con un cellulare GSM, una svolta nodale per la telefonia mobile, anche se l’innovazione tecnologica più profonda viene messa in atto il 6 agosto, quando l’informatico inglese Tim Berners-Lee mette online il primo sito web: è la nascita del World Wide Web, anche se la sua definitiva apertura al pubblico avverrà solo due anni più tardi.
Passando ai fatti di cronaca della canzonetta italiana, Sanremo è vinto da Riccardo Cocciante con il brano “Se stiamo insieme”, mentre le classifiche del nostro paese sono dominate dall’ennesimo disco stravenduto di Antonello Venditti (“Benvenuti in paradiso”) e dal fenomeno Marco Masini, che con il secondo album “Malinconoia” arriverà secondo nella classifica di fine anno.
Anche Ligabue inizia ad assaporare una certa dose di popolarità, con “Lambrusco Coltelli Rose & Pop Corn” che entra nella top ten (numero 7); ma il grande salto lo farà solo 4 anni dopo. La ‘popstar’ italiana dell’anno è però il tenore Luciano Pavarotti, che ad Hyde Park a Londra si esibisce di fronte a 300mila persone: un evento che segna il lancio definitivo del cantante lirico nell’ambito delle celebrità in grado di valicare i confini del proprio mondo di appartenenza.
È però al di là degli angusti confini d’Italia che succede il finimondo: il 1991 è l’ultimo anno in cui il rock subisce una rivoluzione globale; merito soprattutto di “Nevermind” dei Nirvana, che sdogana definitivamente il fenomeno grunge nel mainstream e serve da grimaldello per l’imporsi, anche a livello commerciale, dei suoni meno addomesticati e più duri dell’intero fenomeno dell’alternative rock, affossando il metal e l’hard rock degli anni Ottanta, presi sia nei loro aspetti più violenti (thrash) sia in quelli più ‘piacioni’ (pop metal e glam, hard melodico).
Resistono solo i nomi più grossi: i Guns N’ Roses di “Use Your Illusion”, i Metallica ormai post thrash del cosiddetto “Black Album” (il disco propriamente heavy metal più venduto di sempre). Ma questi 365 giorni cruciali per le sorti dell’intera popular music non sono dominati solamente dal grunge (oltre alla band di Kurt Cobain si segnalano i successi di Pearl Jam e Soundgarden), bensì da molto altro, in un rigoglio di nuovi suoni che non si sentiva dall’esplosione del punk avvenuta nel 1977.
I Massive Attack pubblicano il prototipo di tutto il trip hop a venire, i Primal Scream sfondano le barriere fra rock psichedelico e musica dance, i R.E.M. con “Out Of Time” conquistano milioni di fan fra il pubblico dell’alt rock più soffuso e influenzato dal folk, gli U2 si rifanno il trucco fra sintetizzatori e scorie elettroniche e rilasciano “Achtung Baby”, l’ultimo lavoro davvero significativo per Bono e compagni.
Il pop vive dei successi di Michael Jackson e dei Queen, anche se “Innuendo” sarà l’ultimo LP pubblicato con Freddie Mercury in vita, che morirà il 24 novembre dello stesso anno. Il variegato universo del rock alternativo è testimone del botto del crossover dei Red Hot Chili Peppers, che con “Blood Sugar Sex Magic” assurgono al rango di rockstar di prima grandezza, e dell’avanzare del funk metal dei Primus, autori di uno dei capolavori dell’anno, “Sailing The Seas Of Cheese”.
C’è spazio anche per lo shoegaze dei My Bloody Valentine e del loro ineffabile ultimo album, “Loveless”, e per l’elettronica fra house, ambient e techno di Orb e LFO, mentre gli Slint dischiudono nuove prospettive al rock suonato con la classica formula voce, chitarra, basso e batteria.
Si tratta anche di un periodo importantissimo per l’undeground e per le manifestazioni musicali più violente: il noise rock raggiunge alti livelli artistici con Jesus Lizard, Cop Shoot Cop e con il debutto degli Unsane (ma questi ultimi faranno ancor meglio con il successore), il free jazz si contamina con il grindcore nel progetto Naked City di John Zorn. Il metal, in realtà, non è affatto scomparso, anzi le sue branche più estreme si stanno rifugiando in nicchie sì piccole, ma estremamente creative.
Così vedono la luce “Human” dei Death, “Necroticism” dei Carcass e “Blessed Are The Sick” dei Morbid Angel, tre modi ugualmente entusiasmanti di declinare il death. Fra thrash e death si sistemano invece i Sepultura, che con “Arise” scrivono uno dei loro capolavori, mentre Dark Angel e Coroner sublimano in strutture ultra intricate (i primi) e squarci alieni (i secondi) il vecchio stile maturato nella Bay Area. E i Cathedral dimostrano che anche i suoni lenti del doom possono essere letali quanto i riff ultraveloci, se esasperati al punto giusto.
Infine, il 1991 fotografa un rap italiano sempre più attento alle questioni politiche e sociali contemporanee. Lo stesso Jovanotti mostra i segnali di un nuovo percorso artistico, mentre il filone underground si riunisce per la realizzazione di un una musicassetta di protesta contro la Guerra del Golfo e i suoi “promotori”. Dall’altra parte del globo i contenuti non cambiano. A Tribe Called Quest pubblicano un disco di livello e, soprattutto, impegnato.