Il 2003 verrà ricordato per esser stato l’anno della Seconda Guerra del Golfo. Alla coalizione guidata dagli Stati Uniti basteranno un paio di mesi per rovesciare in Iraq il regime di Saddam Hussein, che verrà catturato a fine anno e infine giustiziato nel 2006.
Tutt’altro scenario presenterà il dopoguerra; l’instabilità politica e religiosa dell’area alimenterà continui microconflitti che sfoceranno in una vera e propria guerra civile, dalla quale ancora adesso l’Iraq non riesce a liberarsi del tutto, nonostante nel 2011 l’esercito statunitense abbia passato tutti i poteri alle autorità irachene.
D’altra parte si è trattato di un conflitto profondamente voluto, tanto che Bush, nel discorso sullo stato dell’Unione di gennaio, ha utilizzato dossier, poi rivelatisi falsi (vedi alla voce Nigergate), per convincere l’opinione pubblica che Saddam era in possesso di armi di distruzione di massa e che l’intervento bellico per fermarlo era assolutamente necessario.
Nel periodo immediatamente successivo alla “guerra lampo” interverrà anche l’Italia, che invierà oltre 3.000 uomini per partecipare al “processo di pace”. A livello di politica interna nel nostro paese non si segnalano grosse novità.
Il governo Berlusconi continua a fare il suo corso, e fra le leggi approvate dal parlamento si segnala quella denominata “salva – calcio“, perché permette alle società calcistiche di abbattere i propri indebitamenti tramite misure di favore, ad esempio diluendo i costi per l’acquisto dei calciatori lungo un arco di 10 anni (nel frattempo a maggio Juventus e Milan si sfidano a Manchester nella storica finale tutta italiana di Champions che vede l’affermazione dei rossoneri ai danni dei campioni d’Italia in carica).
Il 2003 è anche l’anno della Sars, polmonite atipica che miete 376 vittime e contagia 6.000 persone in tutto il mondo, mentre in Africa scoppia l’epidemia di Ebola. Non saranno solo le malattie a provocare morte: nei mesi estivi un’ondata di caldo anomala investe l’Europa spostando la colonnina di mercurio parecchi gradi sopra la media.
Nella Penisola si boccheggia, ma è la Francia ad essere la nazione colpita più duramente dal clima torrido: nei primi 20 giorni d’agosto le temperature impazzite provocano la morte di oltre 14.000 persone nelle fasce cosiddette “a rischio”; sono soprattutto gli anziani ad essere falcidiati.
La musica: Sanremo è vinto da Alexia con il brano “Per dire di no”, mentre fra gli ospiti si segnala Nilla Pizzi, ossia colei che vinse la prima edizione del Festival della canzone italiana nell’ormai lontanissimo 1951.
Al di fuori del Teatro Ariston, il pop/rock italiano non registra grosse novità, eccezion fatta per la consacrazione definitiva di Tiziano Ferro con il suo secondo album, l’exploit de Le Vibrazioni e l’affermazione di Caparezza. Per il resto i dominatori delle classifiche sono sempre i soliti, Eros Ramazzotti e Vasco Rossi in primis.
È però, il 2003, un anno iniziato malissimo per la musica italiana più stimolante; proprio il primo gennaio muore Giorgio Gaber, uno dei più grandi cantautori del dopoguerra. Letteralmente, una perdita incolmabile per la canzone d’autore nazionale.
In ambito internazionale, la scena mainstream vede la travolgente affermazione del R&B di Beyoncé e il ritorno dell’easy listening anni Cinquanta per mano di Michael Bublé, mentre per l’hip hop si segnalano nuovamente gli Outkast e il debut album di 50 Cent, con i Black Eyed Peas a far da contorno ultraleggero.
Oltre ai singoli nomi e guardando in prospettiva, continua il processo di ‘separazione’ fra pop e rock, mondi che stanno smettendo di comunicare fra loro.
In particolare, l’ultimo di questi guarda ormai più indietro che avanti, e i vari successi catalogati sotto il termine indie sanno quasi tutti di già sentito: si pesca dalla new wave degli anni Ottanta (Yeah Yeah Yeahs, The Rapture) oppure dal garage di fine Sessanta e dall’hard rock dei Settanta (The White Stripes, The Black Keys, The Kills, Jet), persino dal progressive (The Mars Volta), ma non c’è quasi nessuno che riesca a coniare un idioma sonoro davvero innovativo.
In questo senso, il disco più visionario dell’anno è di pertinenza dell’elettronica: “Rounds” di Four Tet. Anche la musica più dura trova difficoltà a rinnovarsi. L’ondata nu metal inizia ad arretrare, rimpiazzata per il momento da ben poco d’altro.
Pochi gli eventi di rilievo: fra questi, il ritorno dei Metallica con il discusso e discutibile “St. Anger” (ma loro sono ormai rockstar colossali, si possono permettere questo ed altro) e l’esordio degli Evanescence. È probabilmente quest’ultimo l’album più significativo per quanto riguarda l’alternative metal: “Fallen” vende milioni di copie grazie a un ibrido fra nu metal e melodie dal retrogusto gotico interpretate dalla suadente voce della cantante Amy Lee.
Per quanto riguarda l’underground, non si può dire nulla di preciso, tanti sono i rivoli in cui death, black, post – hardcore, metalcore, sludge, doom, drone, stoner, grindcore, noise e sperimentazione pura fluiscono e s’intersecano fra di loro. Per evitare l’imbarazzo e definire tale guazzabuglio, si usa sempre più spesso l’etichetta post metal.
Resistono l’heavy classico e il power metal duro e puro, per la gioia dei “defender”, ma dopo l’invasione di fine anni Novanta queste correnti sono ormai relegate ai margini della scena; soltanto in Europa continuano a vantare una certa consistenza, mente negli States inizia a farsi valere il revival del thrash, imbevuto però d’influenze metalcore.